Civiltà rupestre

Affreschi bizantini, rarissime chiese biabsidate e case, anche quelle scavate nella roccia. Come a Matera o in Cappadocia, in luoghi sperduti o negli angoli più reconditi del centro storico. Ecco un’idea per muoversi tra iscrizioni, incisioni, in greco o in latino. Un’escursione che qui ti fa sentire in un film di Indiana Jones. Il tour delle chiese rupestri lascia tutti  mozzafiato. Si tratta di chiese bizantine scavate nella roccia e interamente affrescate. C’è un universo di arte e di fede sotto i nostri piedi, perché non scendere a cercarlo. Testimonianze di un culto antico, sopravvissuto alle orde dei barbari e al nemico saraceno per essere servito a turisti e intenditori.

Proliferarono nelle depressioni carsiche dette “lame”. Piccoli canyon che scendono verso il mare fino a tagliare trasversalmente il percorso della via Traiana a cui nel tempo si è sovrapposte la regia via postale del procaccia ancora attiva in epoca borbonica. E lungo queste lame, che permettevano l’accesso viario all’entroterra, sono sorti dei casali (centri abitati rupestri). Un fenomeno più vistoso a sud della città, nell’area in cui si registra la maggiore presenza di masserie fortificate che furono il fenomeno conseguente all’abitare in grotta.

Uno stile di vita che segnò il ritorno alla campagna dopo la tragedia delle guerre gotiche (535-553) fra bizantini e ostrogoti e la concomitante distruzione di Egnazia. Un fenomeno che si consolidò dopo la breve parentesi della dominazione araba (847-871). Visitare gli insediamenti rupestri assume quel fascino in più di muoversi in aperta campagna alla ricerca, come degli esploratori d’altri tempi, di tesori dell’arte e delle prime forme di cristianesimo in quest’area.

Un esempio di “architettura in negativo”. Non case costruite, ma scavate intra petram, nel banco tufaceo di sedimentazione marina, sotto il livello stradale e quindi fuori dalla vista di possibili nemici in un periodo in cui questo angolo di mondo era davvero poco sicuro. Un modus vivendi che venne introdotto in zona durante la dominazione bizantina. Secondo alcuni da monaci greco-appuli osservanti la regola di san Basilio (330-379 d.C.) per cui il lavoro manuale rafforza il corpo, la preghiera rinfranca lo spirito come lo studio delle Sacre Scritture che illumina la mente. Il loro modo di abitare in grotta fu mutuato dai contadini della zona che lo perpetrarono per secoli. Così le chiese rupestri furono punto d’incontro tra Oriente e Occidente, tra la liturgia cattolica e il culto greco-ortodosso che qui si sovrapposero e si fusero in un’unica mentalità ed espressione religiosa. Di molte sappiamo con certezza che esistevano già nel 1180 grazie alla bolla di Papa Alessandro III indirizzata al vescovo Stefano (Monopoli 1176-1187) quasi a confermare tutti i possedimenti delle diocesi ormai dichiaratamente latina.

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